La partecipante è una formatrice esperta in ambito economico-finanziario. Il caso in analisi riguarda una sua personale esperienza durante la partecipazione, in qualità di formatrice, ad un master di specializzazione organizzato da un ente privato con il quale collabora da molti anni. La narrazione è aperta con un lungo preambolo informativo sulla propria preparazione e la lunga esperienza maturata nel settore. Ci confida che il giorno della lezione arriva presso la struttura stanca ed emotivamente provata a causa di questioni personali. Al suo arrivo, la manager incaricata dell’organizzazione le raccomanda attenzione nei confronti della classe, essendo stati individuati un gruppo di partecipante particolarmente esuberante e fastidioso. Quando entra in classe percepisce un’atmosfera piacevole e familiare in netto contrasto con le raccomandazioni della manager. Si accorge però della presenza di un partecipante al master piuttosto zelante con il quale intraprende un botta-risposta in merito ad aspetti particolari e tecnici relativi ai contenuti presentati. Terminata la lezione l’impressione complessiva, ci rivela, è complessivamente buona. Dopo qualche settimana riceve la telefonata della manager, la quale allarmata le rivela che ha ricevuto delle valutazioni qualitative piuttosto negative e, indirettamente ed implicitamente, la incolpa del risultato, aggiungendo che se non fosse per il rapporto di collaborazione duraturo e sempre proficuo, l’avrebbero sostituita.
Osservazioni del gruppo
La narrazione proposta si rivela decisamente interessante e ricca di dati ed informazioni utili per la rilevazione dei movimenti generatori del conflitto. Il resoconto viene aperto con un lungo preambolo volto a chiarire al pubblico le proprie competenze e la lunga esperienza nella sua professione. L’enfasi e la durata di tale incipit può già svelarci indizi importanti sul bisogno frustrato che l’ha condotta al conflitto; una possibile mancanza di riconoscimento professionale e/o una svalutazione personale/professionale. Ci sono altri elementi e parole chiave che la formatrice ripete in molte occasioni riguardanti la relazione che la stessa intrattiene con la manager: il loro rapporto non si limitava soltanto a questioni prettamente lavorative, ma anche a confidenze su questioni personali. Le impressioni marcate e specifiche sugli atteggiamenti della classe (infantili, maleducati e irrispettosi come ragazzini di 15 anni) possono fornirci diverse interpretazioni psicologiche sulle rielaborazioni che la formatrice ha di se stessa (per esempio, essendo stata minata la propria preparazione e competenza, sminuirli può ridurre la sensazione di inadeguatezza ed incompetenza), tuttavia quella che poteva sembrare una reazione al torto è sovente mitigata da un’apparente sincera disponibilità della stessa nell’organizzare un corso di approfondimento delle sue lezioni. Emerge preliminarmente il tema della “considerazione personale”: l’immagine che noi abbiamo di noi stessi è diversa da quella che gli altri hanno di noi.
Analisi del conflitto
Dipaniamo e scopriamo il conflitto narrato con gli strumenti delle mappe:
1. Mappa delle identità: chi sono i soggetti coinvolti nel conflitto?
La protagonista nel ruolo della formatrice.
La manager che avverte sul gruppo di contestatori.
Gruppo di contestatori 6/7 persone.
Il capogruppo napoletano.
Tutor aula.
Fratello.
Classe intera.
2. Mappa delle relazioni:
MappaRelazioni
Rilevate le dinamiche generali del conflitto e i suoi attori, approfondiamo tramite lo strumento della domanda esplorativa le identità e le relazioni; un buon processo di mediazione si basa su un’efficiente ed efficace chiarificazione degli spazi negoziali delle parti. Una chiarificazione efficace ed efficiente ha le sue fondamenta nella ricerca di informazioni.
Manager: buona conoscenza da 10/12 anni (relazione più importante), rapporto principalmente lavorativo con alcune parentesi di condivisioni personali. Parola chiave: “indipendenza” (rifiuto dell’invito). Prima volta che alla manager succede una cosa del genere, poca attenzione alla cautela suggerita dalla manager (dà poco peso alle parole perché distorta dalla percezione diretta), gli altri docenti del master non avevano riportato le valutazioni negative che aveva riportato lei, si è sentita delegittimata dal fatto che non ha accolto il suo consiglio.
Formatrice: ripete più volte la frase detta dalla manager: “se non fosse che ti conosciamo da tanto tempo e non è mai successo niente, altrimenti avremmo cambiato docente”. Messa in discussione della professionalità, non se l’aspettava. Parola chiave: “persona distaccata”, cosa si aspetta la formatrice dalle relazioni lavorative? Effetto delle critiche: “dove ho sbagliato?”, “inadeguata”, “sto faticando, sto dando il meglio di me”.
Tutor: ha il compito di redigere un report sulle dinamiche di classe utile alla calibratura delle lezioni future, secondo la manager non svolgeva con impegno e serietà il proprio compito.
Debriefing
La domanda da parte di una persona del gruppo: “come ti fa sentire il fatto di non poter redarguire persone di 35 anni considerate da te maleducate?” fa emergere, rendendolo denso e profondo, il tema della frustrazione. Il sentirsi delegittimata della protagonista del racconto, entra in vibrazione con l’intero gruppo e la delegittimazione diventa il vissuto che ognuno dei presenti ha almeno una volta sperimentato in altre situazioni. Ci si interroga su cosa fare quando sentiamo di essere frustrati, quali emozioni ci pervadono e come spesso siamo incapaci di muoverci se non covando rancore e risentimento. La frustrazione è infatti quella condizione per la quale la persona si trova ostacolata, in modo temporaneo o permanente, rispetto alla soddisfazione dei propri bisogni e può essere derivare, come nel caso narrato, dalla presenza e dall’azione di altri individui, soprattutto in ambito lavorativo. La frustrazione è dunque parte della nostra vita. Stress da lavoro, tensioni in famiglia, improvvisi cambi di piani possono immediatamente proiettarci in uno stato d’animo di rabbia e scoraggiamento. Ogni giornata è potenzialmente ricca di situazioni frustranti: un obiettivo non concretizzato, una persona che non fa quello che ci saremmo aspettati da lei, un rifiuto, una delusione.
Le reazioni possibili alla frustrazione sono:
1) Reazione aggressiva: la mancata gratificazione, soprattutto se protratta nel tempo, può scatenare la reazione aggressiva, la quale è proporzionata alla frustrazione. A volte, per effetto di cumulazione, si può verificare una reazione fortemente aggressiva alla fine di una lunga serie di frustrazioni di modesta entità, nessuna delle quali, singolarmente vissuta, avrebbe scatenato la crisi. La reazione aggressiva può essere rivolta verso l’esterno, oppure rivolta su di sé. Risponde alla seguente logica: “Se qualcosa è andato male, ci sarà una colpa; la colpa è di qualcuno; questo qualcuno deve essere punito”. Da sottolineare anche la reazione aggressiva cosiddetta rediretta: ad es. una persona frustrata può ritenere giustificato il suo risentimento nei confronti di un’altra persona (che crede si sia comportata in modo offensivo) senza rendersi conto (perché il processo è inconscio) che il suo risentimento è dovuto al fatto che quella persona ne sostituisce in realtà una terza, che era stata effettivamente offensiva nei suoi confronti e verso la quale non aveva potuto reagire.
2) Persistenza dell’ostacolo: quanto maggiore è l’incentivo-motivazione, tanto maggiore sarà la tendenza a persistere nel raggiungimento di quella gratificazione che risulta impedita dalla persistenza dell’ostacolo.
3) Stimolante dell’intelligenza: la frustrazione attiva il comportamento, per cui può essere utilizzata per l’apprendimento, a condizione che non sia troppo intensa né troppo prolungata. Chi quindi tende a sentirsi vittima di continui complotti, finirà per certo col diventare un frustrato cronico, sviluppando tendenze autodistruttive. Chi invece prende atto del suo malessere è cerca di comprendere cosa da quella situazione conflittuale può imparare, riuscirà via via ad affrontare anche le situazioni più negative, nella maniera migliore e con il giusto spirito.
A cura di T. Fragomeni, A. Lela.