Quando, con la nascita del movimento enne.zero, ci siamo prefissi di mettere insieme professionisti accomunati da una formazione sulla gestione dei conflitti e sulle tecniche di negoziazione, al fine di far conoscere che esiste la possibilità di trattare conflitti e controversie con un nuovo sguardo, abbiamo messo in luce la possibilità per gli aderenti di partecipare a momenti formativi specifici dove poter portare al gruppo problematiche riguardanti propri conflitti, controversie,  negoziati,  con lo scopo di aiutare a trovare la migliore strategia di intervento, attraverso l’aiuto del gruppo stesso e sotto una supervisione.

E’ stato particolarmente interessante partecipare al primo di questi momenti formativi, denominato Laboratorio Conflitto, che si è tenuto il 15 aprile u.s. presso la sede operativa del Movimento enne.zero, ovvero lo Spazio San Marco in Alzaia Naviglio Grande 38 a Milano.

Coerentemente con il metodo O.A.S.I. -progettato per permettere di esaminare un conflitto o una controversia integrando gli aspetti tecnici con quelli relazionali, e per la caratteristica di invertire l’ordine dei fattori di un processo di formazione, partendo dall’esperienza del caso concreto per arrivare a costruire insieme la teoria- è stato preso in esame il caso di una vertenza di lavoro portato da una collega avvocato, e avente come titolo:  “Conflitto di lavoro: posto di lavoro o soldi?”.

Il fatto narrato riguarda una causa di lavoro promossa da un lavoratore con contratto di lavoro somministrato a termine, il quale, dopo la scadenza del suo contratto, ha chiesto al Giudice di essere considerato dipendente della società utilizzatrice e di essere riammesso al lavoro. La causa ha avuto esito positivo ed il giudice gli ha riconosciuto il rapporto a tempo indeterminato con la società utilizzatrice e ne ha disposto la riammissione in servizio. L’azienda però ha manifestato la ferma volontà di non dar corso alla riammissione in servizio del lavoratore, dichiarandosi disponibile solo ad un accordo in termini economici a fronte della rinuncia del lavoratore al posto di lavoro.

La narrazione del conflitto mette in evidenza le problematiche relazionali e comunicative che si sono instaurate tra la collega e il suo cliente, soprattutto nel momento in cui, dopo aver vinto la causa che ha disposto la riammissione nel posto di lavoro, l’azienda ha manifestato la sua opposizione dicendo che nel frattempo la situazione aziendale era cambiata e che non vi era alcuna disponibilità di nuove assunzioni e paventando che il lavoratore, pur assunto in esecuzione della sentenza, sarebbe stato licenziato subito dopo per giustificato motivo oggettivo (con il rischio quindi per il lavoratore di dover nuovamente avviare una nuova causa di impugnativa del suo licenziamento).

  • il lavoratore che, nonostante l’azienda manifesti la sua totale non disponibilità all’assunzione e alla riammissione in servizio, vuole fermamente il rapporto di lavoro a tempo indeterminato “conquistato” attraverso la causa, avendo lavorato sempre e solo in condizioni di precarietà;
  • l’azienda che, nel caso il lavoratore voglia insistere per dar corso all’esecuzione della sentenza, ritiene di avere gli elementi per poterlo licenziare per giustificato motivo oggettivo e che, per questa ragione, offre esclusivamente un importo economico.

Dopo la narrazione del fatto si è proceduto con l’analisi del conflitto, svolta in una sala disposta a ferro di cavallo, nella quale i partecipanti (circa 25 tra avvocati, commercialisti e imprenditori), dopo aver ascoltato la storia, sono stati sollecitati dalla collega a provare ad elaborare una soluzione negoziale e più creativa di quella prospettata dalla sentenza e dalle antitetiche posizioni delle parti.

L’ascolto attivo, alla base del metodo del movimento, richiesto, come primo step per l’esame del conflitto, dal supervisor al gruppo, ha posto come iniziale obiettivo l’individuazione delle parole chiave e delle informazioni più rilevanti riguardanti il lavoratore da una parte e l’azienda dall’altra, che sono state rappresentate graficamente, su una lavagna a fogli mobili, al fine di schematizzare i contenuti emersi nel racconto. Altra richiesta del supervisor è stata quella di mettere in luce, nello stesso schema grafico, gli scenari che si prospettavano per il lavoratore e per l’azienda. L’utilizzo della tecnica delle domande, richiesta come successivo step dal supervisor al gruppo, ha assunto ancora più valore per la diversità degli approcci e degli “sguardi” dati dalle differenti esperienze professionali dei partecipanti, i quali hanno messo in luce aspetti prima non indagati ed ignorati che hanno scoperto nuovi ambiti di trattativa e nuovi scenari.

L’incontro “multi-professionale” si è rivelato utile e interessante, sia per la collega che ha portato il caso, la quale ha avuto la possibilità di avere una differente disamina del suo problema, consentendole di porre l’attenzione e sollecitare la riflessione su informazioni mancanti e strategie ancora non attuate, sia per il gruppo, che ha avuto la possibilità di apprendere sin da subito nuove modalità e nuovi approcci per integrare gli aspetti tecnici, che in genere sono gli unici sui quali normalmente verte l’esame di una controversia, con gli  essenziali aspetti relazionali.

E’ emersa nel gruppo la consapevolezza del fatto che, senza l’esame degli aspetti relazionali e senza l’acquisizione di informazioni che esulano dagli aspetti meramente tecnici, ci si ritrova spesso ad essere bloccati, come nel caso narrato,  all’interno del gioco posizionale delle parti, impedendo quello che invece è lo scopo del Movimento: consentire, grazie all’approccio metodologico, supportato da un gruppo multi-professionale, la trasformazione dei blocchi conflittuali in esiti soddisfacenti e produttivi.

A cura di T. Fragomeni