Il laboratorio del 18 febbraio è stato incentrato su come lavorare sul tema dell’intolleranza. L’intolleranza era stata infatti identificata nel laboratorio del mese scorso come uno dei più interessanti e diffusi motivi per cui le persone incorrono nell’incoerenza. Visto che alcuni dei partecipanti erano assenti la volta precedente, è stata fatta una breve introduzione e un riepilogo: l’importanza di uscire dal codice binario dell’attacco/fuga”, e della coerenza che ognuno deve cercare di creare al suo interno in modo da modificare la realtà. È stata nuovamente utilizzata la metafora che associa l’essere umano ad una casa abitata da molti servi: l’essere umano è come una casa in cui vivono tanti servi, tanti piccoli Io, l’io della rabbia, l’io della gelosia, l’io dell’impazienza ecc.., i quali se lasciati a loro stessi possono prendere il sopravvento nei momenti meno opportuni. Ciò che ci spinge nel conflitto ci racconta come siamo, ci parla di noi. Il giudizio che emettiamo sugli altri è un giudizio che noi abbiamo prima fatto su di noi. La nostra descrizione del mondo condiziona la nostra relazione con esso. Tramite l’auto-osservazione priva di giudizio l’individuo può, tramite allenamento, diventare consapevole di quello che gli accade e può scegliere come agire. Solo attraverso la creazione del padrone di casa/maggiordomo, i servi possono coordinarsi nelle attività della casa. La volontà di diventare consapevoli di sé stessi consente di sviluppare il proprio testimone che Osserva, Ascolta, Sente e Integra.
Ogni servo dunque rappresenta metaforicamente la molteplicità degli “io” che caratterizzano ciascun individuo. L’assenza di una figura che controlli i servi fornisce il pretesto ad ognuno di loro di venir meno alle proprie mansioni, generando caos ed incoerenza all’interno della casa. La ripresa e l’approfondimento della metafora ha lo scopo di recuperare fluidità nel percorso per coloro che erano presenti all’incontro precedente e di accompagnare coloro che sono stati assenti allo stato attuale del cammino. La dott.ssa Fragomeni incalza il gruppo a focalizzarsi sull’importante figura del maggiordomo il quale, nella veste di puro osservatore, con la sola e tacita presenza è in grado di indurre l’ordine tra i servi ristabilendo armonia e coordinazione nella casa.
Il conflitto altro non è che mancanza di coerenza interna e per questo motivo è necessario riuscire a costruirsi una sorta di osservatore interno in grado di sedare l’incoerenza prodotta quando un determinato aspetto della nostra personalità prende il sopravvento sugli altri e ci impedisce di affrontare con lucidità le situazioni. Questo osservatore, che ha lo scopo di creare domini di coerenza per imbrigliare il caos, è possibile attivarlo mediante un’opera di auto-osservazione che, nella metafora, prende forma nel maggiordomo. Tale personaggio diventa, in questo secondo incontro, una figura predominante.
La prima cosa che bisogna tenere in mente se si vuole intraprendere un percorso verso la creazione di un auto osservatore efficace è che quando qualcuno ci innervosisce, quando proviamo intolleranza nei suoi confronti, non è LUI che ci sta facendo arrabbiare, l’altra persona infatti sta solo mettendo in atto un comportamento che ci porta ad arrabbiarci. È importante abbandonare l’uso dei complementi di termine (mi fai arrabbiare) per cominciare ad usare pronomi riflessivi (mi arrabbio). Questo ci permette non già di smettere di litigare, ma di scegliere finalmente con chi farlo, di essere in grado di riconoscere quali situazioni meritino un nostro coinvolgimento emotivo e quali no e quando un conflitto può essere in qualsiasi modo produttivo e quando invece si limiterebbe a essere fonte di astio e frustrazioni.
Giungiamo così a comprendere che i conflitti non sono affatto casuali ma sono attivati da noi stessi. Le emozioni che crediamo divampare in noi a causa dello scontro con “l’altro” sono emozioni che noi stessi generiamo e proiettiamo sulla controparte. I giudizi che emettiamo, il modo di vedere il mondo che adottiamo, non sono altro che il risultato del caos e del conflitto che in noi è prodotto dall’incoerenza e che inevitabilmente trasportiamo all’esterno. Occorre innanzitutto riportare ordine all’interno di noi stessi tramite il potenziamento e lo sviluppo dell’osservatore esterno di noi stessi, il maggiordomo, per uscire dalla dicotomia reattiva dell’“attacca o scappa” con la quale spesso ci si approccia ai conflitti. Il concetto dell’auto osservazione è in perfetta armonia con il concetto basilare del metodo:noi siamo interpreti del nostro mondo e in base a tale interpretazione agiamo. Se cambio il modo di osservare le cose, le cose che osservo cambiano.
Per riuscire a fare questo uno dei suggerimenti proposti dal metodo OASI è quello di aumentare lo spazio esistente tra lo stimolo e la nostra reazione, in modo di darci il tempo di elaborare le informazioni che ci stanno arrivando dall’altra persona e di esplorare il nostro disagio al fine di inquadrare la situazione in una cornice più positiva.
Un altro suggerimento, che potrebbe sembrare banale, ma che spesso risulta essere estremamente efficace per la rielaborazione di una situazione in chiave meno negativa, è chiedere perché l’altro si sta comportando in quel modo. Esplorare le motivazioni per cui una persona mette in atto determinati comportamenti può aiutarci a comprenderli in modo da poterla giustificare e attenuare il nostro senso di fastidio e irritazione.
Esercitazione: con lo scopo è accrescere la capacità di auto-osservazione, la dott.ssa Fragomeni ci chiede di pensare alle volte in cui ci siamo trovati in conflitto a causa di “intolleranze” e riportare (osservare) le nostre esperienze per vedere se abbiamo avuto successo o fallito nel rispondere al conflitto con una “terzia via” diversa dall’attacco o dalla fuga.
Obiettivo formativo: comprendere le dinamiche del conflitto e conoscere le alternative allo stesso; creazione delle alternative ai comportamenti che solitamente si è abituati ad attuare in situazioni conflittuali. Individuare gli strumenti che ci consentono di agire in modo propositivo.
I partecipanti sono stati suddivisi in 4 gruppi da 6 persone e uno da 7 con il compito di riflettere sulle strategie con le quale è possibile evitare di cadere nell’incoerenza per via di comportamenti altrui giudicati intollerabili.
I risultati del lavoro dei 5 gruppi sono stati i seguenti:
1. Il primo gruppo è partito dal sentire (la “S” del metodo O.A.S.I. che è relativa all’autoconsapevolezza emozionale), attraverso domande esplorative per capire come si sentivano nelle situazioni in cui l’intolleranza prendeva il sopravvento, per poi cercare strategie di uscita. Possibili metodi per uscire dall’incoerenza individuati sono stati: fare raffreddamento e respirare, utilizzare l’ironia, osservarsi a distanza. Soprattutto quest’ultima è risultata molto interessante perché permette di prendere coscienza dei nostri processi mentali. La metafora utilizzata è stata quella di diventare consapevoli di essere il regista del nostro film.
2. Il secondo gruppo ha utilizzato un sistema simile a quello del gruppo precedente cominciando la riflessione dal sentire. Si è partiti dall’esperienza di ognuno in modo da condividere le tecniche personalmente sviluppate per uscire dall’incoerenza dovuta all’intolleranza. La prima tecnica individuata è stata quella di sfogarsi: tramite la fatica fisica è possibile osservare le cose da un altro angolo e recuperare l’equilibrio mentale. Un’altra strategia individuata è stata quella di rimanere centrati sull’obiettivo e sul problema cercando di rimanere responsabili delle proprie emozioni e di evitare di accettare i possibili “inviti alla danza del conflitto” che potevano giungere dalla controparte. Uno spunto interessante, collegato al precedente, che è stato sviluppato è stato quello sulla centralità della comunicazione. Cercare di pulire la comunicazione e rimanere sul contenuto può permettere di riuscire a comprendere meglio i bisogni dell’altro e di riconoscere i sottoprodotti” del suo messaggio: componenti non intenzionali ma che possono infastidire facendo entrare nell’intolleranza e compromettere la comunicazione. Altre possibile strategie individuate sono state: l’utilizzo dell’ironia per sdrammatizzare la situazione e cercare di giustificare il comportamento fastidioso dell’altro; cercare di separare l’individuo col quale ci confrontiamo dal fenomeno al quale siamo intolleranti, ad esempio se siamo intolleranti di fronte a una persona ignorante cercheremo di separare la persona dall’ignoranza in generale, riservando il nostro disprezzo per quest’ultima. Un ultimo spunto interessante di cui si è discusso è stato la possibilità di “allenarsi” mentalmente nell’affrontare situazioni che potrebbero causare intolleranza per poi riuscire ad affrontarle meglio nei casi reali.
3. Il terzo gruppo è partito da casi concreti in cui si sono trovati i partecipanti. Anche da questo gruppo sono usciti spunti interessanti come cercare di procrastinare in modo da non cadere nel conflitto, fare un distinguo della situazione e provare a creare delle collaborazioni sinergiche.
4. Anche il quarto gruppo ha sviluppato le sue strategie partendo dai casi reali. La strategia originale più interessante che è stata elaborata è stata quella di accettare la diversa natura delle persone, in un’ottica di giustificare i loro comportamenti.
5. Il quinto gruppo ha tenuto uno stile ancora più pragmatico partendo direttamente dalle strategie su “come riconoscere il fastidio” e resistere al “punzecchiamento”.
Di seguito è schematicamente riassunto il risultato del laboratorio, i gruppi sono numerati in ordine di esposizione.
- Sentire → Fare raffreddamento emotivo, osservare la situazione con distanza, respirare profondamente per indurre un cambiamento di sensazioni psicofisiche.
Questi suggerimenti sono utili a metterci nella condizione di aumentare il nostro spazio di reazione e quindi fare un’analisi abbastanza distaccata della situazione tale da permetterci di non avere una reazione in cui domina la sfera emotiva.
Osservarsi da fuori usando l’ironia.
Spesso quando vediamo due persone litigare o discutere ci appaiono con un aspetto buffo, quasi ridicole e la situazione ci pare quasi divertente. Dobbiamo riuscire a guardare noi stessi con la stessa ironia, riuscire a vederci “buffi” mentre diventiamo paonazzi e ci scaldiamo per cose senza una reale importanza. Questo ci può permettere di porci come spettatori di noi stessi e di avvicinarci alla creazione del “maggiordomo”, del nostro auto osservatore. Osservarsi da fuori ci permette anche di renderci consapevoli del fatto che siamo noi i registi del nostro film, siamo padroni delle situazioni sempre che vogliamo esserlo.
Questo per quel che riguarda gli aspetti del sentire, per quel che concerne l’azione e il pensiero, il lavoro che dobbiamo impegnarci a fare è quello di rimanere concentrati sulla questione, tenendo a mente i propri obiettivi e bisogni. Dobbiamo chiederci in che modo la situazione sta interferendo con i nostri bisogni reali e in quale misura invece stiamo provando fastidio per motivi di principio, in modo da porre la questione alla controparte nei giusti termini.
Possiamo tentare inoltre di ampliare la situazione, creare una cornice dentro alla quale inserire le azioni della controparte, immaginare delle giustificazioni per il suo comportamento, creare collaborazione con lei con il nostro modo di porci; a tal proposito un primo ed essenziale passo è quello di prendersi la responsabilità delle proprie emozioni senza imputarle automaticamente all’altra persona, comprendere che siamo noi a produrle, a scegliere quali emozioni provare davanti a situazioni, azioni e parole.
È importante anche prestare attenzione all’intenzionalità delle persone che spesso mettono in atto comportamenti senza sapere che fanno parte della nostra lista “cose che mi fanno perdere la pazienza”, forse tutti conosciamo quella spiacevole sensazione di ferire o far andare su tutte le furie qualcuno senza saperci spiegare perché e soprattutto senza volerlo.
- Sentire → scaricare fisicamente
- Respirare
- Rimanere centrati sul problema
- Cercare di assumersi la responsabilità delle proprie emozioni
- Pulire la comunicazione
- Rimanere sul contenuto
- Ampliare il contesto
- Preparazione simulata di come potrebbero andare le cose
- distinguere la situazione
- Aver chiaro l’obiettivo
- Accoglienza
- Provare a creare collaborazioni sinergiche
- Riconoscimento del fastidio
- Valutazione dei rischi
- Auto-ironia
- Accettare la diversità della natura delle persone
In conclusione, oltre al lavoro di auto-osservazione e di framing della situazione, un suggerimento che potrebbe essere utile è quello di usare l’immaginazione per esercitarsi virtualmente con situazioni conflittuali altrui o immaginate, oppure rianalizzare i nostri conflitti passati al fine di esplorare mentalmente – e quindi senza conseguenze- sentieri alternativi a quelli che tendiamo a mettere in atto.
A cura di T. Fragomeni, C. Benedetti, A. Lela, A. Maietti